Dietro al monumento di Mazzini.
novembre 25, 2010
Ho visto Noi credevamo di Mario Martone. E’ uno dei film italiani più brutti degli ultimi dieci anni. Una sconclusionata parata di facce dolorose, patrioti mezzi ritardati e assolutamente inutili. I protagonisti non fanno altro che perder tempo baloccandosi in salotti piemontesi, francesi e londinesi. In alternativa, commettono omicidi insensati, oppure stanno in carcere al sud: dove, seppur sottoposti a vessazioni, continuano a perdersi in chiacchiere senza mai coinvolgere la popolazione che vorrebbero liberare. Infatti, quando Pisacane e i suoi s’azzardano a sbarcare a Sapri, gli abitanti li fanno arrestare: ma chi li ha mai visti, ‘sti quattro imbecilli? Verranno mica a fregar le bestie? La spedizione del Generale Ramorino nella Savoia si riduce a tre schioppettate in mezzo alla nebbia. Nessuno ci capisce un cacchio: Martone non voleva esser didattico, sicchè esagera al contrario. Quando poi invece tenta l’approfondimento della figura di Felice Orsini, raggiunge il massimo dell’assurdo : ne emerge la figura un cretino accompagnato da un gruppo di paranoici, che, quale unico risultato, massacra poveri passanti, anziché centrare quel Napoleone III: il quale, pochi anni dopo, sarà indispensabile al Piemonte per vincere la seconda guerra d’indipendenza. Il Mazzini interpretato da Servillo risulta un depresso privo di idee, capace solo di acquistare oppio così scadente che a momenti non stordisce nemmeno le guardie dalle quali fugge Orsini. Il Crispi interpretato da Zingaretti appare un mezzo ducetto molto attento a non sporcarsi troppo le mani. Tralascio la comparsata di Barbareschi – che non so come abbia potuto accettare un ruolo così insignificante – e la parte di Lo Cascio, che finisce a fare quel che sa meglio: cioè Lo Cascio. L’esercito piemontese è composto da una gruppo di ignoranti che dicono esclusivamente anduma e boia faust: se Martone avesse tentato una parodia di Sturmtruppen in versione italiana e risorgimentale , almeno si sarebbero fatte due risate, ma evidentemente gliene è mancato il coraggio. Ogni tanto, in compenso, si vedono strambe inquadrature di scale in metallo grigliato, di edifici abusivi in cemento armato, di un garibaldino che indossa una tuta rossa con zip al posto della camicia : che il regista, resosi conto della cazzata che stava mettendo in piedi, volesse provare a raccordarsi con Gomorra? L’effetto è quello di una rottura di coglioni pari solo a quella di Nuovo Mondo di Crialese. Ah,quasi dimenticavo: Francesca Inaudi che fa una Principessa di Belgioioso giustamente sospirante: in mezzo a tanti coglioni, come fa a emergere una figura femminile? Lasciando intravedere le sue tette: che costituiscono l’ unica nota positiva del film, a voler essere buoni. I patrioti risorgimentali di Martone finiscono per assomigliare a certi partigiani del secondo dopoguerra: frustrati, dacchè in fondo consapevoli che senza piemontesi i primi, e senza americani i secondi, non avrebbero combinato nulla.
State bene.
Ghino La Ganga