Corto, circuito.
giugno 5, 2011
Vai al Bellaria Film Festival, e vedi Banditi ad Orgosolo di De Seta del 1961 e pensi: ma tu guarda quanto i film iraniani han copiato dal nostro cinema del passato; e mica solo gli iraniani, anche i coreani; e mica solo i coreani, anche i nordafricani; e in fondo anche i Belgi, pensa ai fratelli Dardenne, con i loro personaggi sempre alle prese con lavoro faticoso e in lotta con la vita cinica e bara.
Sei al Bellaria Film Festival, e apprendi che ha vinto un premio un tizio con una specie di documentario su una tizia mezza turca e mezza curda, che s’è sposata per matrimonio combinato come da tradizione, con la troupe che la seguiva, il padre che voleva e non voleva ‘sta troupe tra i coglioni ma alla fine diceva quasi quasi mi potevate anche pagare, con ‘sta tradizione rispettata anche se non ci crede nessuno, manco il padre, che era iscritto al partito comunista curdo o turco o una roba del genere, e tutta la famiglia impaurita dal fatto che ‘sto documentario andasse in giro all’estero, che infatti appena l’han mandato in Tv in Olanda un testa di cazzo di cugino, emigrato lassù e più sentito per dieci anni, subito ha telefonato al padre della sposa, per dire t’ho visto in Tv; e pensi: ma guarda, in fondo anche l’Italia degli anni cinquanta e sessanta era così.
Sei sprofondato in platea al Bellaria Film Festival, e vince un documentario su Hebron, con menzione speciale per un documentario su come era Brindisi al tempo del contrabbando; e pensi: ma guarda, o si parla di palestinesi o di malavita in Italia: non c’è verso, alla fine non si scappa da ‘ste storie qua.
Sei lì, insomma, e pensi che ti stai rompendo il cazzo di questa cinematografia documentaristica che tratta sempre o della striscia di Gaza, o degli Iraniani, o degli Irakeni, o degli Afghani, e una volta parlava dei nordirlandesi, ma anche dei libanesi, per tacer degli algerini, e adesso parlerà ancora dei libici, dei tunisini, magari degli yemeniti, hai visto mai; senti che ti sei scassato definitivamente il cazzo di ‘sto terzo mondo dal quale non si esce; prima era l’Italia degli anni cinquanta, poi quella degli anni sessanta, poi l’Italia degli anni ottanta, poi quella di oggi, tra malavita, partito comunista o fascista, padre pio, madonne varie, opere pubbliche non finite, che a Torino ci han fatto su perfino un documentario di un’ora e passa; e gli altri paesi in fondo son così anche loro, specie quelli del terzo mondo o paesi emergenti , con ‘sta famiglia mezzo curda mezzo turca che combina i matrimoni anche se non ci crede, prima era comunista ma non ci credeva, adesso ha paura delle chiacchiere, ha paura di non guadagnarci, ha paura di rimetterci, di non essere presente bene in video, mentre passa su strade di merda in condizioni di merda; e pensi: ma quando è che se ne vanno a tutti a fare in culo, quando è che usciamo tutti da ‘sti giri del cazzo, quando cazzo è che comincia la civiltà, dappertutto, porcamiseria?
State bene.
Ghino La Ganga