Umani, dopotutto.

dicembre 16, 2011

A natale del 1981 Dare! degli Human League era al primo posto della Hit Parade nel Regno Unito. Il traino era stato il brano Don’t  you want me: conta parecchio, oggi come allora, azzeccare un singolo. Il testo aveva il suo perchè:  una piccola storia di lui, che rinfaccia a lei di averla tirata fuori da un cocktail bar dova faceva la cameriera, e di averla lanciata verso il successo; e di lei, che gli risponde che ce l’avrebbe fatta lo stesso anche senza di lui, che dunque  poteva serenamente andarsene a fare in culo o giù di lì (But now I think it’s time I live my life on my own è un simpatico eufemismo, specie dopo aver detto  I still love you ) . Le strofe sono  ancora attuali, perfino in epoche infarcite di talent show usa e getta:  ciò che oggi può stupire è solamente che i due, nel testo, dichiarino di essere rimasti insieme per ben cinque anni. Ma non è di questo che vorrei parlare. Semmai mi piace ricordare che a dicembre 1981 avevo sedici anni e nove mesi, che la new wave elettronica era ai suoi massimi, che era divertente missare il singolo formato dodici pollici nella versione con echi e riverbero  di Martin Rushent,  che gli Human League sono ancora oggi dei buoni diavoli. E che se uno ascolta  Being Boiled, un  loro singolo che è addirittura del 1979, lo capisce, da dove han copiato quasi tutti quelli che oggi fan tanto gli elettronici alternativi.

State bene.

Ghino La Ganga