La prima donna.
marzo 28, 2012
C’era il parlamento intero in seduta comune, che aveva appena concluso il conteggio dei voti,compresi quelli dei delegati delle regioni. Di questi ultimi, per la prima volta nella storia repubblicana, era stato preventivamente controllato che sapessero scrivere e leggere, e che non fossero palesemente ritardati. Un sussulto di dignità aveva imposto tale misura, volta ad impedire che finisse come nel millenovecentonovantadue: quando in venticinque, anziché Scalfaro, avevano scritto Scalfara, Scalfare, Scalfire, e in tre avevano a malapena azzeccato Scalfari ; o che andasse come nel duemilaesei, quando alle prime votazioni volavano dei gran Napoletano. Ora però c’era Pierferdinando Casini che imprecava forte, chiedendo il riconteggio dei voti, perchè lui non poteva avere perso di così tanto. Sicchè il Presidente della Camera faceva eseguire il riconteggio, che veniva terminato in pochi istanti : risultava che Casini aveva preso anche meno voti di prima, perchè andavano detratti alcuni Cassini, Casine e Casino. “Forse la selezione dei rappresentanti delle regioni è ancora da perfezionare”, commentavano pensosamente alcuni. Pierferdinando, perso il controllo, imprecava ancor più forte, ululando contro la clamorosa mancanza di rispetto per il mondo cattolico che emergeva da quel risultato. Si produceva, dopo tanto tempo, nella geniale frase che molti ricordavano avergli sentito pronunciare alle politiche del novantadue: “gli italiani si sono sbagliati”. Stavolta però aggiungeva una gran bestemmia, che il presidente del senato non poteva non censurare: l’onorevole Casini si contenesse, visto che c’erano alcune scolaresche in visita, che udivano e vedevano. I commessi dovevano allontanarlo a forza, e già che c’erano spingevano via anche Cesa, che cercava di calmarlo. In un angolo c’era Emma Bonino, ancora stordita dal risultato che la vedeva trionfare. Stringeva attonita le mani dei tanti che si avvicinavano. Stavolta toccava a lei. Non poteva dire di no. C’erano Monti e Napolitano che in un angolo, sornioni, la guardavano e sorridevano.
E’ stato in quel momento che mi sono svegliato.
Dài, non era malaccio, ‘sto sogno.
State bene.
Ghino La Ganga