Da caserma.
febbraio 13, 2013
Ce la raccontiamo tanto: siamo artisti, cuochi, poeti, scrittori. Siamo raffinati e intelligenti, colti e suadenti. Invece lo sappiamo bene, quel che siamo. Siamo un popolo di ignoranti bifolchi, che ha sempre osservato chi studiava di più con sommo disprezzo per come sprecava il suo tempo. Se parliamo di libri, è senza averli letti; se parliamo di quadri, è senza conoscerne gli autori. Votiamo gentaglia da terzo mondo, sperando prima o poi di riceverne i favori; gridiamo allo scandalo quando li beccano con le mani nella marmellata, in realtà criticandone la scarsa accortezza: siamo convinti che, al loro posto, avremmo imboscato anche di più senza farci mai prendere. Vogliamo che l’Italia esca dalla crisi, ma che prima di tutto ne escano i nostri parenti più stretti: poco male se ci si deve affidare al primo che urla, accettando di fargli da claque perfino nei momenti più beceri. Se poi passa una donna, statene certi: le si guarda il culo tutti, comprese le altre donne per criticarne le smagliature. Si ride tutti insieme alle battute più grevi: i film pecorecci degli anni settanta sono il nostro collante più solido, altro che Dante, Manzoni e Leopardi. Quando mi dicono che devo andare a votare, perchè tanti son morti per garantirmi il diritto di farlo, osservo che è vero: tanti inglesi e americani, canadesi e australiani, neozelandesi ed indiani, perfino greci e israeliani. Sono qualunquista? Certo, perchè negarlo: mentre Crozza veniva fischiato a Sanremo, io guardavo la juve.
State bene.
Ghino La Ganga