Vette incomprensibili.
giugno 24, 2013
Io confesso di non arrivare a capire perchè, ad ogni disgrazia, tutti dicono che i deceduti erano espertissimi, bravissimi, preparatissimi, che le condizioni meteo erano difficili ma non impossibili, dunque si è trattato di fatalità; poi però dicono anche che è meglio farsi guidare da gente qualificata, e tentare la scalata solo in giornate con tempo ottimo. Indi capita un’altra disgrazia, dopo la quale tutti dicono che i deceduti erano espertissimi, bravissimi, preparatissimi, guidati da gente qualificata , le condizioni meteo perfino ottime: ma che forse proprio la gente qualificata non ha calcolato i rischi, proprio il caldo ha fatto sciogliere la neve e provocato il suo distacco, dunque si è trattato di fatalità. E via daccapo. Io confesso di non arrivare a capirle, certe vette. Pure certe persone. Non arrivo nemmeno a capire perchè le chiamano fatalità. Scusate.
(Aggiunta del pomeriggio: casomai non si fosse inteso, evidenzio che non arrivo a capire neppure il perchè di tutta ‘sta smania di scalar vette. Scusate.)
State bene.
Ghino La Ganga
giugno 24, 2013 at 12:00 PM
La peggiore delle considerazioni fataliste è la puntuale: “La montagna ha ucciso ancora”. La montagna penso non abbia mai avuto istinti omicidi. Sì, ok, a volte fa da mandante sotto forma di roveto ardente, ma mai uccide direttamente qualcuno. Più che montano, è umano esporsi a imprese rischiose, che se tutti i rischi fossero calcolabili e prevedibili, cesserebbero d’esser rischi e le imprese cesserebbero d’essere rischiose.
giugno 24, 2013 at 2:58 PM
per kisciotte:
senz’altro. Tuttavia, in calce, ho scritto un’aggiuntina che mi pareva opportuna. Grazie per la lettura, stai bene.
Ghino La Ganga
giugno 24, 2013 at 8:27 PM
Oh sì sì, grazie per l’integrazione.
A me piace molto la montagna, più del mare. Eppure l’ho sempre amata in abiti estivi, scalandola in bici da corsa o facendoci delle belle escursioni a piedi. Insomma, un amore molto “nature”, senza chiodi o picozze. L’unica volta che dovetti affrontare qualche metro di inaspettata ferrata estiva in Alta Badia, che i due compari carognoni si erano ben guardati dal prefigurarmi, non feci dietro front soltanto perché nel mentre ne scendevano due arzilli vecchietti che mi avrebbero preso in giro a vita. Al che mi mi avventurai per superare il dislivello… poca roba eh, ma per me equivaleva al K2. Son fifone a star sospeso nel vuoto. D’altronde, ognuno ha le proprie passioni. 😉
Ps: non farci troppo caso se a volte mi sbrago, Capita che straparlo, ma fondamentalmente sono innocuo, come una passeggiata nel bosco, storte permettendo.
Stai bene pure tu, e niente Grappa Bocchino :o)
giugno 24, 2013 at 12:34 PM
Va bene il rischio, ma persino io che di scalate non ne so nulla arrivo a pensare che se fa caldo anche di notte il ghiaccio che si forma non è particolarmente spesso/resistente…poi come dice Kisciotte, le montagne al massimo inviano roveti ardenti;-)))
giugno 24, 2013 at 2:59 PM
per Simona:
condivido. Comunque ho scritto in calce un’aggiuntina, così è definitivamente chiaro ciò che non capisco.
Grazie per la lettura, stai bene.
Ghino La Ganga
giugno 24, 2013 at 4:47 PM
Raggiungere una vetta è una esperienza appagante e gioiosa.
Ma solo a chi interessa.
Come ogni meta che ognuno si pone
giugno 24, 2013 at 8:46 PM
per stefano.
Sacrosanto. Sempre pensato che uno, della propria vita, fa quel che crede: meglio se però si impegna un tantino nell’evitare danni che poi tocca a qualcun altro rimediare, non coinvolge terzi impreparati, non svolge pedante proselitismo.
Stai bene.
Ghino La Ganga
giugno 25, 2013 at 12:21 PM
Si. Condivido il pensiero, il mio commento era riferito alla “aggiunta del ppmeriggio”, ma ho peccato di superficialità e mi son scordato di sottolinearlo.
Stai bene anche tu
Stefano
giugno 26, 2013 at 12:38 PM
Beh, mi sembra alquanto ingeneroso verso l’alpinista medio “meglio se però si impegna un tantino nell’evitare danni che poi tocca a qualcun altro rimediare, non coinvolge terzi impreparati, non svolge pedante proselitismo.”
Non mi pare ci sia ‘sto gran proselitismo e certo ci si impegna ad evitare i danni, anche perchè danni = “probabilmente ci resto secco”! Poi gli sprovveduti (Bertolaso docet) ci sono ovunque e purtroppo a volte è solo sfiga!
C’è a chi piace la montagna, a chi il mare (e ci son incidenti e morti pure lì) e a chi stare spaparanzato sul divano.. io mi ritrovo nella prima e anche all’ultima categoria 😀
Stàme bén! (mi prendo la libertà di salutarti citandoti “in venetasso”)
giugno 26, 2013 at 12:51 PM
per Dino:
1)beato Te, se non devi frequentare gente che ogni tre minuti attacca sproloqui sull’ascesa in quota come unica via salvifica dell’umanità, e non Ti soffermi a leggere i fin troppo numerosi articoli di giornale che impazzano su come è pura l’aria di scalata ( verosimili pubblicità occulte di multinazionali che producono il fetente ciarpame da indossare sopra i tremila).
2)I danni a terzi comprendono quelli ai figli in tenera età,e sono rappresentati dal lasciarli orfani di padre scalatore scatenato: sono dell’idea che, qualora si abbiano responsabilità paterne e/o materne, le proprie passioni vadano messe un tantino da parte, specie se costituiscono un mero hobby, e non l’unico mestiere che si sa fare (e che in tale ultimo caso, almeno, sarebbe coperto da congrua assicurazione).
3)Ovviamente mi riconosco solo nell’ultima categoria da Te citata.
Stai bene.
Ghino La Ganga
giugno 26, 2013 at 2:11 PM
1) in effetti no, ma dove lavoravo tempo fa c’era un gruppo che cercava di convincere tutti delle proprietà taumaturgiche della maratona!
2) manco morto! (Ecco perché dubito che avrò prole)
3) In realtà prima di essere fermato da problemi alla schiena (e dalla pancetta incipiente) facevo parte di un quarto gruppo, molto più sparuto e pericoloso dei precedenti..quelli che amano andare SOTTO alla montagna! Ah, i bei tempi!
Ricordo la lezione sulla sicurezza “NON fatevi male, perchè se vi fate male in montagna siete in ospedale in media dopo 50 minuti, se vi fate male in grotta dopo 2 giorni e mezzo”.
Saluti