La chiamata.
febbraio 21, 2014
“Oh.”
“Eh.”
Allora, t’ha chiamato?”
“Sì. Poco fa. Guarda: ho ancora i brividi.”
“Ci credo. Però io lo immaginavo, che alla fine avrebbe chiamato proprio te. Voglio dire: chi altro lo meritava?”
“Grazie, Sei troppo buono.”
“Mannò. Sei sempre stato il più in gamba. Quello che ha dato più soddisfazioni. E poi, senti: sei sempre stato il più generoso.”
“Beh,dài… nella media.”
“Non fare il modesto. Hai sempre dato tanto. Più di noi. Noi siamo di braccino corto, tu invece sei sempre stato un signore. Sei famoso per questo. Un uomo generoso. Tu arrivi e zac, metti lì più di quel che si mette di solito.”
“Cosa vuoi farci: mi viene naturale. Penso che alla fine non sia sprecato. Voglio dire: se metti lì ad esempio cento, ti trattano da cento. Cioè: al massimo mezz’ora, orologio alla mano. Se invece metti centocinquanta, ecco, lì scatta già qualcosa. L’atmosfera si fa rilassata, capiscono che ci si può fidare. Che si può concedere qualcosa. Insomma: lasci un buon ricordo. L’orologio non si guarda quasi più.”
“Hai ragione. E poi: centocinquanta oggi, centocinquanta domani, formi una specie di piccolo credito.”
“Bravo. Infatti, ora che lei ha deciso di far fare un pomeriggio gratis a un cliente, chi ha chiamato? “
“Te, giustamente. Senti: quando sei lì, però, ricordati degli amici. Metti una buona parola anche per noi, dài. Dille che ci conosci.”
“Ma certo. Stai tranquillo. A che servono gli amici, sennò? Tranquillo, le parlerò. Ora mi tocca prepararmi, tra un po’ devo andare. Un abbraccio. Ciao.”
“Che emozione. Beato te. Un abbraccio. Ciao.”
(So che questo post risulterà inopportuno ancorché cafone, ma non potevo trattenermi. Credo peraltro che i maschietti lettori del blog non abbiano dubbi su quale chiamata preferirebbero ricevere. No? In sottofondo suggerisco: Klingande, Jubel. State bene. Ghino La Ganga)