Il padre di Elettra.
settembre 25, 2014
“Scusi, sa dov’è via Gastuzzi? Dove c’è la sede dell’ Unifarti? “
Avrà vent’anni. Timida. Capelli lunghi lisci. Gli occhi grandi, ingenui. Un soprabito lungo scuro, una camicia chiara, pantaloni e sneakers. La borsa a tracolla.
“E’ da quella parte. Vede dov’è quell’edificio chiaro? Ecco, lei supera il semaforo accanto, fa altri tre-quattrocento metri e se la trova a sinistra. Però...”
Hai fretta perchè ti aspettano per lavoro. Vuoi trovare il modo per dirle che è diventata una zona infame. Che due giorni fa ci hanno accoltellato uno in strada. Che una settimana fa hanno picchiato una donna sul marciapiede e meno male che qualcuno è intervenuto, rischiando di prendere le botte pure lui. Che quando devono cercare una moto rubata i vigili vanno subito lì. Che ci sono rimasti pochi uffici, e che quello pubblico dove deve andare lei è praticamente l’ultimo presidio civico rimasto. Tanto che progettano di spostarlo.
“Però?“
E’ colpita. Probabilmente ha visto che ti sei incupito. Che sei preoccupato.
“Però stia attenta. E’ una brutta zona. Una delle peggiori della città. Stia attenta. Molto attenta.”
“S-sì...”
“Vada dritta e veloce dove deve andare. Non guardi in faccia nessuno. Arrivi alla sede dell’ Unifarti ed entri. Non chieda a nessuno, non risponda a nessuno in strada. Mi raccomando.”
“Va bene…”
E’ un po’ preoccupata anche lei, adesso.
“Ora vada. Stia attenta, mi raccomando. Buongiorno.”
“V-va bene. Buongiorno…”
La guardi allontanarsi. Si gira con un mezzo sorriso. Vorresti accompagnarla. Ma devi andare a quell’appuntamento di lavoro e sei pure in ritardo. La segui con gli occhi. Per strada c’è qualche imbecille appoggiato al muro che la guarda e forse le dice qualcosa. Lei va dritta guardando in terra. Supera il semaforo. Fai un po’ di passi per controllare meglio. La vedi che va nella direzione giusta. La segui da lontano. Acceleri il passo. Superi il semaforo anche tu. Sei in ansia. Giri in via Gastuzzi giusto quando lei sta entrando all’Unifarti. Dritta e veloce, come le hai detto di fare.
Tiri un respiro di sollievo. Ti suona il telefonino. Sai già chi è.
“Pronto…”
“Dove cazzo sei?”
E’ il tuo collega di studio. Ha ragione. Sei in ritardo.
“Arrivo…”
Ti sente affannato.
“Stai bene?”
“Sì. Arrivo subito.”
“Dài. Cazzo! Son tutti qui.”
“Arrivo. Arrivo.”
Vorresti dirgli che ora sai cosa vuol dire avere una figlia. E’ in quel momento che un tizio appoggiato al muro ti chiede se hai un euro.
Per un attimo ti viene da spaccargli la valigetta in testa.
Ma cammini troppo veloce, non c’è il tempo.
(In sottofondo suggerisco: Ennio Morricone, Città Volenta. State bene. Ghino La Ganga)
settembre 27, 2014 at 8:11 am
tutti i santi giorni.
settembre 28, 2014 at 8:43 am
per LadyLindy:
ecco,appunto.
Stai bene.
Ghino La Ganga