L’euro che non c’era.
luglio 1, 2015
In questi giorni non sto pensando al referendum di Atene. C’è sempre qualcosa che mi impedisce di farlo. Ad esempio: un ricordo. Forte. Di tanti anni fa. Il ricordo di quando tra Reggio Emilia e Modena c’era un’impresa ogni dieci abitanti, poi scesi a sette nel 1988: la stessa densità di Osaka in Giappone e di Santa Clara in California. Di quando il Veneto esportava come tutta la Grecia. Il Friuli come tutto il Portogallo. La Lombardia più della Baviera. C’erano già trentacinque milioni di veicoli circolanti. Tasse universitarie pubbliche tra le più basse d’Europa. Nella mensa universitaria di Bologna si pranzava con mille lire. Due persone in pizzeria spendevano quindicimila lire. La disoccupazione nel nord era all’1,30%: secondo alcuni non era possibile diminuirla, veniva considerata fisiologica. Molti miei compagni di liceo facevano la stagione estiva come commessi o camerieri: chi stava in un negozio da mezzogiorno e mezzanotte faceva un milione e mezzo di lire in due mesi, chi faceva camere e pulizie ai piani in un albergo per due mesi e mezzo racimolava circa tre milioni, chi serviva ai tavoli di un buon bar da giugno a settembre con le mance arrivava a quasi cinque. A fine stagione si potevano permettere di spendere: però mettevano da parte. Nelle grandi città, chi faceva consegne in motorino poteva tirar su anche quattrocentomila lire a settimana. Furono anni di una bizzarra emigrazione al contrario: tanti tornarono alla spicciolata dai paesi europei nei quali erano andati a fare i manovali: secondo l’Istat, in dieci anni rimpatriarono quasi due milioni. La spesa pubblica galoppava : baby pensionati come se piovesse, trasporti gratuiti in alcune città, le pastiglie di fluoro distribuite gratuitamente in funzione anticarie tra i bambini delle scuole elementari, finanziamenti a pioggia e senza tanti controlli. Per il ponte di Pasqua 86 si mossero diciassette, quasi diciotto milioni di italiani: ne parlò perfino Newsweek, chiedendosi come fosse stato possibile quel miniesodo vacanziero senza bloccare il paese. Un altro settimanale straniero pubblicò in copertina la domanda : How Italy works? Della copertina con la p 38 non si ricordava più nessuno: si evidenziava però lo squilibrio tra l’alto tenore di vita italiano e le nostre dichiarazioni dei redditi, mai così basse, nello stesso periodo nel quale l’Inghilterra dichiarava Manchester e Liverpool zone depresse, zeppe di disoccupati violenti. In questi giorni non sto pensando al referendum di Atene. C’è sempre qualcosa che mi impedisce di farlo. Ad esempio: quel ricordo.
State bene.
Ghino La Ganga