La portiera dell’88.
luglio 18, 2015
Che poi alla fine anche oggi se glielo ricordate si fa scuro in volto perché era stata anche un po’ colpa vostra che non l’avevate avvisato precisamente di dove andavate lui era rimasto nella parallela di viale Ceccarini a Riccione per un’ora ad aspettare se vedeva qualcuno dei vostri alla fine s’era rotto il cazzo giustamente era salito in macchina nella sua golf praticamente nuova aveva lasciato la portiera lato guida semiaperta per tenere la luce dell’abitacolo accesa mentre cercava una cassetta l’aveva infilata nello stereo proprio in quel momento era passata un’auto a manetta vicinissima alla sua fiancata aveva agganciato la sua portiera sradicandogliela dalla cerniera portandogliela via lui aveva sentito la botta assurda aveva visto le scintille della portiera che raschiava sull’asfalto mentre l’auto sfrecciava via urtando una seconda volta la portiera al suolo con la coda non aveva preso la targa solo intravisto il modello gli era parsa una bmw serie 3 ma vai a trovarla una bmw serie 3 che ti ha portato via la portiera in una parallela di viale Ceccarini a Riccione a luglio ottantotto praticamente di notte mentre tu resti lì come un coglione lo stereo si sente ovviamente solo sulla cassa di destra e nelle casse dietro e ti tocca scendere caricare la portiera alla meglio nel bagagliaio della golf che era praticamente nuova o quasi lasciando il portellone aperto poi tocca farsi fino a casa con lo stereo acceso perché deve essere andato in corto qualcosa mica riesci a spegnerlo senza spegnere la macchina cazzo d’un cazzo d’un cazzo boia porco.
(In sottofondo: Dee Lewis, Stuck on love. State bene. Ghino La Ganga)
Linguaggio in Crocetta.
luglio 18, 2015
Il fatto non è se Crocetta abbia o non abbia ascoltato senza reagire la frase di Tutino “Lucia Borsellino va fatta fuori come il padre“. Il fatto è che ormai riteniamo possibile che qualcuno l’abbia pronunciata , quella frase, e che l’interlocutore sia rimasto zitto davanti a cotanta follia. I precedenti non mancano. Si va dal calciatore Miccoli, secondo il quale Giovanni Falcone era un fango, agli sciagurati imprenditori che ridevano la notte del terremoto a L’Aquila. Ma non ci si fermi qui, per favore. L’enormità di certe frasi è già da tempo uscita dal contesto della conversazione a due per trasferirsi nel mondo delle sparate sui social, come se questi ultimi avessero dato stura all’insopprimibile voglia di spogliarsi in pubblico d’ogni orpello perbenista, rivelando il vero io dei connazionali. Sospetto che l’animo italico non sia mai stato quell’insieme di candore e musichette di un passato che tanti rimpiangono: anno dopo anno, palmare dopo i-phone ed i-phone dopo palmare, il progresso sta semplicemente svelando quel che siamo e – soprattutto – quel che vogliamo essere: quasi non aspettassimo altro che un pretesto tecnologico per dar sfogo a pulsioni che soffrivamo troppo a tener nascoste. Lo facciamo spesso esprimendoci con frasi sgrammaticate, nelle quali il dialetto emerge come autentico linguaggio sovraregionale e interclassista: sicché minchia è usato quale eccellente intercalare borghese pure alla borsa di Milano, figa trionfa serenamente nella Bari bene. E nell’ottica di una maggiore coesione nazionale questi son risultati importanti, ne converrete.
State bene.
Ghino La Ganga