Linguaggio in Crocetta.
luglio 18, 2015
Il fatto non è se Crocetta abbia o non abbia ascoltato senza reagire la frase di Tutino “Lucia Borsellino va fatta fuori come il padre“. Il fatto è che ormai riteniamo possibile che qualcuno l’abbia pronunciata , quella frase, e che l’interlocutore sia rimasto zitto davanti a cotanta follia. I precedenti non mancano. Si va dal calciatore Miccoli, secondo il quale Giovanni Falcone era un fango, agli sciagurati imprenditori che ridevano la notte del terremoto a L’Aquila. Ma non ci si fermi qui, per favore. L’enormità di certe frasi è già da tempo uscita dal contesto della conversazione a due per trasferirsi nel mondo delle sparate sui social, come se questi ultimi avessero dato stura all’insopprimibile voglia di spogliarsi in pubblico d’ogni orpello perbenista, rivelando il vero io dei connazionali. Sospetto che l’animo italico non sia mai stato quell’insieme di candore e musichette di un passato che tanti rimpiangono: anno dopo anno, palmare dopo i-phone ed i-phone dopo palmare, il progresso sta semplicemente svelando quel che siamo e – soprattutto – quel che vogliamo essere: quasi non aspettassimo altro che un pretesto tecnologico per dar sfogo a pulsioni che soffrivamo troppo a tener nascoste. Lo facciamo spesso esprimendoci con frasi sgrammaticate, nelle quali il dialetto emerge come autentico linguaggio sovraregionale e interclassista: sicché minchia è usato quale eccellente intercalare borghese pure alla borsa di Milano, figa trionfa serenamente nella Bari bene. E nell’ottica di una maggiore coesione nazionale questi son risultati importanti, ne converrete.
State bene.
Ghino La Ganga